Time Out all’Infinito
3° classificato – IV edizione Premio Internazionale di Poesia e Narrativa Fortunato Pasqualino
Era una mattina come tante, forse un giovedì, non ricordo bene, è passato del tempo. Un tempo che non so quantificare avendo ormai perso ogni riferimento.
Comunque quella mattina, sbirciando da sotto la tendina di camera mia, il tempo sembrava davvero buono. Per tutta la visuale consentita dal vetro a riquadri leggermente appannato dal fiato, il cielo era uno splendore. Nessuna nuvola dietro il crinale, nessuna velatura nel turchino accecante, neanche un filo di vento a solleticare le chiome degli abeti che a destra ammantavano d’ombra il ripido pendio roccioso. Per questo non mi preoccupai del Meteo, uno sguardo fuggevole e distratto sarebbe forse bastato ma, resa ottimista dalla leggera euforia per l’evento della vita, non me ne curai. Afferrai la giacca a vento, la sciarpa di lana multicolore fatta a mano da mia zia, lo zaino stracolmo come quello di un esploratore e infilai le scale dello chalet quasi danzando.
Difficile immaginare l’odore dell’aria di montagna in un giorno come quello senza esserci stati almeno una volta, né la statica trasparente leggerezza delle immagini, l’ingannevole percezione degli spazi, la sensazione di serena fluente eternità. Frizzante, come una coppa di champagne ghiacciato, un delizioso pizzicorino sulla punta del naso e delle dita. Odore di muschio dietro la tettoia del box, odore di lana vecchia nella coperta stesa per evitare il ghiaccio sui vetri dell’auto. Il richiamo di un rapace, l’eco di un lontano borbottio giù a valle. Ricordi.
Ricordo ogni dettaglio, la foglia marcia che si era appiccicata sopra lo stivale e che tolsi con un fazzoletto di carta prima di aprire la portiera, un vecchio scontrino del parcheggio accartocciato sul tappetino e lo schianto di un rametto sotto i piedi mentre aggiustavo lo zaino sul sedile posteriore. Dettagli che non avrei mai ricordato se lo spettacolo avesse avuto inizio e avessi finalmente raccolto i frutti del mio lavoro.
La serata era ancora lontana e sentivo che non sarebbe arrivata abbastanza in fretta. Non riuscivo a trattenere il sorriso pensandoci, mi passai le mani nei capelli e rovesciai la testa indietro perdendomi nell’azzurro infinito, beandomi della gaia urgenza dell’attesa.
Scendendo verso il paese mi sentivo parte di quel paesaggio ridente e lucido come una cartolina, lo ringraziavo per la serenità che mi aveva regalato e già lo salutavo pensando che un giorno, forse non troppo lontano, sbirciando la platea da dietro le quinte di uno scintillante palcoscenico oltreoceano, lo avrei ricordato con velata nostalgia, quasi sazia di palme e onde schiumeggianti.
Dopo un tornante a destra [......]
leggi questo e altri racconti in “singolare, femminile” – Ed . Il Foglio - disponibile presso Ed. Il Foglio inviando una e-mail a ilfoglio@infol.it e su ibs - amazon - libreria universitaria - ecc.
Regionale Veloce
Il suo profilo così vicino, magnetico. La sua voce così… Squillante?
Tina sospirò, liberando lo sconforto e, senza aprire gli occhi, lasciò cadere la mano sulla perfida sentinella che ogni mattina la strappava alla sua vita alternativa. La luce di un sole scialbo s’insinuava fra le ciglia indolenti.
Sempre lo stesso sogno. Nuvole di polvere in controluce vestivano d’oro fuso le sagome all’orizzonte, creando scenari fiabeschi. Vedeva se stessa cavalcare in una piantagione di cacao, fasciata in abiti fin de siècle, la complicata acconciatura protetta da un’impalpabile sciarpa di organza. L’accompagnava un uomo affascinante, occhi scuri nell’ombra di un cappello a falde larghe. Se fosse il fidanzato o lo sposo non era dato sapere. Non si era mai avvicinato più di così. Eppure il sogno la turbava. Quello sguardo intenso, la sua irruenza appena mitigata da un’imposta galanteria. Svegliandosi ne conservava un ricordo così vivido da farla arrossire.
Scivolò fuori dal letto, la sinistra nei capelli, la destra su un fianco, a saggiare le dimensioni di un paio di ponfi, regalo notturno di una solerte zanzara.
Gesti meccanici. Caffellatte. Autobus. Pensilina. Sportelli che si chiudono in rapida successione. Un fischio e via.
Che una nuova giornata abbia inizio, pensò, cullata dal quel sonoro dondolio. Rassicurante.
Gli odori stantii del vagone si mischiavano a quelli dei passeggeri, creando un particolarissimo sentore ben noto ai pendolari di ogni parte del pianeta. Odore di sporco misto a disinfettanti industriali. Odore di umani accaldati, di dopobarba, di deodoranti dozzinali e qualche sporadica scia di ottima eau de parfum. [......]
leggi questo e altri racconti in “singolare, femminile” - Ed . Il Foglio - disponibile presso Ed. Il Foglio inviando una e-mail a ilfoglio@infol.it e su ibs - amazon - libreria universitaria - ecc.
My Christmas Carol
24 dicembre 1995.
Fa freddo. Le pozze d’acqua sul selciato si sono rapprese in strane figure, raggrinzite e spaccate dal passaggio delle auto, e il vento, prima di calare, ha spazzato via ogni traccia di nube lasciando un cielo cristallino che lentamente incupisce verso il crepuscolo. S’è fatto tardi, presa com’ero dal rito dei regali da infiocchettare, mi sono scordata dello stendibiancheria sul terrazzo, perciò mi getto sulle spalle una giacca di lana ed esco per ritirare i panni appesi, prima che si gelino del tutto anche loro.
I colori cambiano in fretta nella sera che avanza; il salmastro sale dalla marina e si mischia al profumo di biscotti e torta di mele; le luminarie ondeggiano fra i lampioni solleticate dal camion della frutta e dalla piazzetta giunge l’eco fioca della risata del Babbo Natale meccanico e dei bimbi che si divertono a saltellargli davanti. Alzo gli occhi in cerca della stella della sera e sorrido pensando che un giorno mi piacerebbe vedere una slitta tintinnante stagliarsi in un cielo come questo, solo per godermi lo spettacolo dei loro faccini stupiti. I bimbi di oggi non credono più di tanto a Babbo Natale, ed è un vero peccato.
Nonostante i brividi e il fagotto dei panni, mi attardo ancora un attimo per sistemare le mie decorazione arruffate dal vento e le vedo arrivare. Prima la Maestra e poi la cognata, qualche passo più indietro. Potrei rimetterci l’orologio con le loro abitudini.
La Maestra cammina a piccoli passi, lenti ma decisi, tenendo la testa un po’ reclinata a causa dell’artrosi. Ha i capelli tinti di un biondo rossiccio, mossi da un’onda trattenuta dietro le orecchie dalle pettinine d’osso.
Greenwich, 21 dicembre dell’Anno Domini 2012
Il vecchio farmacista si asciugò gli occhi stanchi, ripose il fazzoletto con mano incerta nella tasca del camice stazzonato e alzò gli occhiali contro un cielo insolitamente limpido. Non fece in tempo a stupirsi, né a ripetere il gesto abituale di strofinare le lenti, le lasciò invece cadere nella ghiaia del vialetto con le labbra atteggiate in un mezzo sorriso. Il puntino dunque non era nei suoi occhiali.
Memoir
Francesca si affacciò su questo affollato palcoscenico che chiamiamo mondo 52 anni fa, nascendo da una famiglia toscana di origini rurali; ben presto si trasferirono in Piemonte per necessità, come spesso accadeva e continua tuttora ad accadere.
È sempre stata una bimbetta sveglia, chiacchierona, talvolta esuberante, che adorava giocare all’avventura insieme ai ragazzini del quartiere. Quel gigantesco abbozzo di scavo dietro la lunga fila dei garage condominiali era, per loro, un perfetto territorio selvaggio. Nell’angolo più profondo e lontano un rivolo d’acqua trasudava alimentando la crescita di un piccolo canneto. Un fico gigantesco dominava la scarpatella, molti cespugli ed erbacce per ogni dove, e ancora dossi e buche con vecchie pedane abbandonate ottime per costruire rifugi. Un paradiso.
Lei altro non era che uno dei tanti bambini urlanti che si sbucciavano le ginocchia e correvano a casa in lacrime per farsi mettere un cerotto o per fare merenda. Non era un capo, no davvero, tantomeno un personaggio di spicco, solo una fra tanti, un piccolo seme nella melagrana di un’infanzia spensierata. E non era particolarmente entusiasta di sprecare il suo tempo a scuola, benché ci tenesse moltissimo a non far brutta figura. Per questo, probabilmente, si impegnava quel tanto che le consentiva per stare nella media e non essere un bersaglio (né in negativo, né in positivo), delle varie Signore Maestre delle Elementari che, a turno, le toccarono in sorte.
Leggeva il minimo indispensabile alla sopravvivenza scolastica. Per questo accolse con un tiepido ringraziamento uno dei regali per la promozione alle Scuole Medie. Un’amica di famiglia glielo depositò nelle mani ammiccando come fosse un tesoro prezioso: un libro, il suo primo libro… Read more >>
La ragazza con l’orecchino di perla
Pubblicato nell’Antologia “Quel giorno in un attimo…” – AA.VV. – Giulio Perrone Editore – II Edizione Concorso INCIPIT D’AUTORE – 2011 – Incipit a cura di Paolo Di Paolo
Si è appena svegliata e aprendo gli occhi dimentica di essere in ferie. Guarda la sveglia, la mette a fuoco, per un istante teme che sia tardi. Poi ricorda. Decide che farà colazione al bar. Si lava, si veste in fretta. È una giornata strana, il tempo potrebbe cambiare da un momento all’altro. Ordina il suo caffè, si siede a un tavolo appartato, da cui non distingue le parole degli altri. Solo un fittissimo, uniforme ronzio. Getta un’occhiata distratta al giornale, le sembra di sapere già tutto. Ma quanto sono vecchie queste notizie? Sfoglia veloce, in cerca delle pagine di cronaca. La tazzina resta sospesa a mezz’aria. In una fotografia le è sembrato di vedere un volto somigliante al suo. Lo fissa più a fondo, il cuore sembra già impazzito. Legge il titolo, sillaba per sillaba. Riguarda lei.
Ed è impossibile. Assurdo. Si nasconde alzando i fogli per lanciare un’occhiata circospetta agli altri avventori. Nessuno le presta attenzione, nessuno legge il quotidiano, così torna a fissare l’articolo. La lingua spigolosa del reporter locale le è familiare, non può illudersi di aver frainteso. Così come sono inequivocabili le due foto.
La prima immagine, nonostante sia chiaramente ripresa da una telecamera di sorveglianza, ritrae in modo piuttosto nitido un uomo alto, scuro di capelli e di carnagione, nell’atto di passare qualcosa alla donna dietro di lui, girata come se controllasse l’area antistante la stazione ferroviaria. La seconda propone un ingrandimento del viso della giovane donna racchiuso in un circoletto rosso, i capelli chiari raccolti con un fermaglio a forma di farfalla, due grandi occhi di ghiaccio dal taglio inconfondibile, un orecchino con pendente di perla bene in evidenza. È lei, maledizione. Sospetta complice di un pregiudicato nel furto con destrezza di un anello di brillanti. Valore: mezzo milione di euro. Read more >>
Cerca nel sito
Compra l’eBook !
Ultimi articoli
- La Fata nel vento e altri racconti in rosso – Edizioni della Goccia
- Notturno – Ed. Il Foglio
- “singolare, femminile” – Ed. Il Foglio – recensione di Laura Costantini per goodreads.com
- “singolare, femminile” – Ed. Il Foglio – Recensione di Maria Fazio per finestrasulmondo.net
- “singolare, femminile” – Ed. Il Foglio – Recensione di Federica Gnomo Twins
Foto Gallery
Cerca per data
Link Amici
- Creazioni Rita C… Only Handmade
- F1Sport
- Falconiere del bosco – al di sopra della cima degli alberi
- il giardino di calliope
- Lovvy, ovvero… fatti una dose d'amore
- Néorìa – "La parola come inizio e fine di un concetto" (M.D.N.)
- Rosebud – Critica, scrittura, giornalismo on line
- Starbooks Coffee, libri e non solo.
- Tetragrammaton.eu
- Webaura.it
Tutti i blog di #ioleggodifferente
- http://atelierdiscrittura.blogspot.it
- http://danielepicciuti.com
- http://dentroilcerchio.blogspot.it/
- http://lauraetlory.blogspot.it
- http://leggendorifletto.altervista.org/
- http://scribacchiniperpassione.blogspot.it/
- http://surrealeros.tumblr.com/
- http://www.avvocatomarinalenti.it/
- http://www.natividigitaliedizioni.it/blog/
- https://amnerisdicesare.wordpress.com/
- https://jfmastinu.wordpress.com/
- https://scrittoreadore.wordpress.com/