





Si avvicinava l’ultima settimana dell’anno, una settimana speciale, da sempre e per tutti avvolta in un alone surreale, fatto di luci, promesse e sorrisi. Tutto un rincorrersi di salamelecchi e inchini, sventolare di mani e di cappelli, quasi che il tempo scorresse a ritroso e riportasse in vigore regole di bon ton antiche. Gentilezze inusitate fra vicine che solo una settimana prima si guardavano in cagnesco e strette di mano vigorose fra inquilini che all’ultima riunione di condominio se ne erano dette di tutti i colori. [......]
estratto da “La fata nel vento – racconti in rosso”
E’ in quella culla
che il dolore si fa amore
e per amore dolor ritorna.
E’ in quella culla che ritrovo
Gocce di pioggia, sottili sottili,
così fredde che sembrano neve
e la tv che blatera e vomita voci.
Assassini, demoni e preti
E mani insanguinate che stringono croci.
Morte, riscatto, vendetta, onore.
Quando ti cade
addosso la stanchezza
e sei così spento
che i pensieri
inciampano in rade
ragnatele di tristezza
al tepore d’un ricordo,
vaga luce nello sguardo
che l’autunno svanisce.
E tu
fantasma che non fu
fra la gente sorreggi il passo
che scuote il tempo e il mondo,
da mille voci travolto
sordo al tuo destino
Guardo il terreno e ascolto i miei passi nel bosco.
C’è una norma che vieta di raccogliere funghi senza “permesso”. C’è una norma che vieta di raccogliere muschio per fare il Presepe.
Per non impoverire il sottobosco e il suo delicato equilibrio. E’ giusto in via di principio, non fosse che per secoli si è fatto il Presepe col muschio raccolto lungo i fossi dei boschi senza che questo sparisse: il buon senso popolare sapeva come e dove togliere senza creare danno.
Ascolto i miei passi nel bosco fra cerri e sughere e più in là nel pineto.
Folate più intense mi portano a tratti l’odore di un mare non troppo lontano. Si fonde in perfetta armonia col profumo del terriccio e delle prime gocce di pioggia che rimbalzano sulle foglie con un crepitio sommesso e insistente.
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